Non sono i premi letterari né tantomeno le onorificenze che incoronano di alloro un contemporaneo e navigato romanziere lucano. Leggere un autore, analizzandone il linguaggio è l’unica possibilità di apprezzare la sua fluidità narrativa e, se mai ce ne fosse il bisogno, rimanerne affascinati. Né basta una prosa trasgressiva ed autoreferenziale, da cui traspare un’evidente problematica psicoanalitica su luoghi fin troppo banali e adolescenziali o nel guardare il mondo e la società con occhi apparentemente distaccati e presunta originalità creativa per sembrare uno scrittore di grido. Dei tanti anglicismi e termini dialettali, questi ultimi scritti anche male, che infarciscono il racconto, non se ne capisce il valore letterario né di costume.
Ci riferiamo al libro Quanto sei cool: Piccola guida ai capricci del gusto di Gaetano Cappelli e spieghiamo il motivo per cui l’abbiamo scelto e la fortuita coincidenza che ci ha spinto a leggerlo: la visita alla mostra organizzata a Firenze in Palazzo Medici Riccardi dal titolo Carlo Levi a Firenze. Un anno di vita sotterranea.
La complessa personalità di un pittore e scrittore, come il medico torinese, confinato in Basilicata dal regime fascista, attraverso i suoi quadri e la lettura dei suoi scritti tra cui il Cristo si è fermato a Eboli, ci ha fatto ritornare in mente l’articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno nel mese d’aprile dello scorso anno a firma del nostro rampante e borioso scrittore potentino, affetto da un manifesto antilevismo e furore dissacratorio di atavica progenie. Affermazioni strampalate all’insegna di uno sfacciato ed inconscio provincialismo culturale! Una pura e semplice provocazione elzeviriana o altro?
Un lucano, il nostro scrittore, imbellettato dalle tante leziosità che la civiltà consumistica della Grande Mela gli ha trasfuso inconsciamente ignorando la realtà della sua terra come tanti suoi coetanei e con una spudorata sfacciataggine tenta di far cassetta, almeno si presume!