Non esiste un termine più abusato e distorto nell’informazione della parola “energia” in una maniera direttamente proporzionale all’ignoranza delle persone colte, per dirla col celebre critico inglese William Hazlitt, nel mondo in cui viviamo. Condita in tutte le salse, ci viene offerta come un ghiotto boccone da trangugiare con avidità, al di là del suo vero significato nel linguaggio scientifico che dovrebbe renderci più attenti e responsabili nell’uso quotidiano che tutti noi ne facciamo e di cui non se ne può inesorabilmente fare a meno.
La crisi energetica di cui tanto si parla è figlia della cosiddetta civiltà dello spreco. La scienza moderna ci mette a disposizione un’articolata disponibilità di forme di energia, cosiddette alternative, che però vanno commisurate all’impiego che di queste facciamo. Si prenda ad esempio chiarificatore quello dei vari tipi di batterie, indispensabili in numerosi campi d’utilizzo, di cui oggi tanto si parla. Da quelle agli ioni litio principalmente a quelle più recenti agli ioni sodio: il problema che resta invariato è il loro rendimento e la loro autonomia che non sempre sono bilanciati. Ad una parità in termini economici non corrisponde un’identica capacità di utilizzo. Senza tenere poi in debito conto il problema nel futuro dello smaltimento o di un eventuale possibile riciclo. Quest’ultimo però possibile solo se si usano elementi diversi dal litio e dal sodio quali il neodimio che derivano dalla chimica fine o di formulazione, la cosiddetta chimica verde, risorse che però rimandano ai pochi paesi nei cui territori c’è la disponibilità.
La scienza ci dice che l’energia non ha un solo valore scalare o modulo ma diventa, come nel caso dell’energia elettrica un vettore, cioè ha una direzione ed un verso, una grandezza pertanto di estrema complessità con cui occorre fare i conti, senza illudersi dei tanti paradisi energetici possibili e le susseguenti mistificazioni in proposito!