C’era una volta il Ferragosto camerata oggi non c’è per “colpa della Meloni”

Il termine Ferragosto deriva dal latino Feriae Augusti che significa il riposo di Augusto. Infatti fu l’Imperatore Augusto che, nell’anno 18 a. C., aggiunse questa festività, soprattutto a favore del popolo, alle altre che si tenevano nel mese di agosto (il mese più caldo dell’anno) che erano i Nemoralia, i Consualia e i Vinalia rustica.

Queste feste ovviamente erano tutte legate a tradizioni che sancivano la fine delle attività agricole.

L’intelligenza politica di Augusto, con l’istituzione del Ferragosto, riuscì a collegare feste e rituali di svago in modo da formare un discreto periodo di riposo, detto Augustali, che potesse favorire il ritempra mento psico-fisico del villico dopo le dure   fatiche nei campi.

Durante le Augustali si organizzavano corse di cavalli particolarmente graditi in tutto l’Impero ma a queste venivano aggiunte tante agevolazioni per il popolo (che oggi chiameremmo bonus).

Traccia di quanto descritto ne troviamo ancora oggi nel festeggiamento del “Palio” che si svolge in varie località d’Italia.

Purtroppo si sono perse le tracce (passate e presenti) dei regali che il Padrone faceva ai suoi “lavoratori” ma ci sono testimonianze che documentano come in età rinascimentale lo Stato Vaticano abbia reso obbligatorio questa “donazione”.

Ma poiché non si fa niente per niente la Chiesa istituì, durante questi festeggiamenti, la festa dell’Assunzione di Maria.

Pian piano ci avviciniamo ai nostri giorni e vediamo come il Ferragosto veniva interpretato durante il ventennio fascista.

Il regime favorì sempre più e con molti incentivi quella che, a Ferragosto, fu chiamata “la gita fuori porta” della durata di un giorno organizzando e attrezzando degli spazi oppure per meglio ospitare i vacanzieri del momento anche con la messa a disposizione di “treni popolari” praticando cospicui sconti anche per chi usufruiva una vacanza ti tre giorni (13; 14; 15) soprattutto per favorire un “turismo conoscitivo” di altre città e realtà sociali.

Queste tariffe popolari venivano applicate per tutta l’estate su quelli che ormai venivano detti “treni di Ferragosto”.

Nella seconda metà del ’900 era noto il dono che gli industriali del Nord Italia davano in occasione del Ferragosto ai propri dipendenti. Pare indipendentemente dalle opposizioni dei sindacati che non potevano stabilire loro chi doveva o no godere del “dono di Ferragosto”.

Finalmente giungiamo al 2024 dove il popolano, detto anche medio-alto borghese, oltre a non percepire nulla dallo Stato deve confortare il “proprietario” del lido che, poverino, lo riteneva di sua proprietà e invece era una semplice concessione dello Stato.

Alla fine di queste semplici elucubrazioni estive viene da concludere con una riflessione ispirata dal vecchio saggio popolare: «Si stava meglio quando si stava peggio».

Ma ci si chiede anche come sarà il Ferragosto del Meloni? Se è vero che si stava sempre meglio prima? E in quel caso a chi si potrà dare la colpa di tutto? Troppo interrogativi per questo benedetto Ferragosto.

Paolo Laurita
Paolo Laurita
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