La rete mediatica che mira a far informazione ha una sua particolare efficacia nella società in cui viviamo e nello specifico, qualora riguardi fatti di cronaca di qualunque sorta, senza però infettarsi, per usare un termine oggi in auge, diventando virale o la piazza degli imbecilli a voler scomodare Umberto Eco. Niente di male, i problemi affiorano quando si cerca di dare a una siffatta informazione un contenuto culturale di un certo spessore.
Scomodare figure della mitologia classica con titoli altisonanti e frasi, che scopriamo nella nostra ignoranza, del tipo: “La maledizione di Priapo il fratello brutto e deforme di Eros e simbolo del maschio…dio della sensualità e della fertilità delle campagne, tanto che gli antichi lo ponevano a guardia dei campi perché le fanciulle e le passere (sic) non si accostassero ai grappoli dell’uva matura” per poi continuare in un excursus aberrante incentrato sul personaggio itifallico con delle banalità che nulla hanno da spartire con il mondo della mitologia greca e mostruosità lessicali che non possono sottacersi: “In verità, perché l’ambiguità di Priapo? Se è vero che suscitava ribrezzo e veniva vituperato per la sua sproporzione, allontanato e bandito a causa di quella sua bruttezza, rispetto al fratellino Eros o Cupido, è anche vero che le passere gli volavano d’intorno e magari si posavano sulla ogiva della sua protuberanza (sic), le fanciulle nondimeno, incuriosite o inorridite, finivano con l’avvicinarsi per osservarlo meglio, mentre esso veniva posto a guardia delle vigne cariche di grappoli maturi”.
Forse associare, come se non bastasse la disquisizione erudita, si fa per dire, all’immagine della figura dell’asino, che sempre accompagnava la rappresentazione di Priapo, ne avrebbe ancor più rafforzato il concetto? Rientriamo nella serietà e correttezza che la cultura per sua definizione richiede, senza dover chiedere lumi a qualche illustre contemporaneo priapeo!