Il mondo proletario e il dramma del dopoguerra visto da Carlo Bernari

Carlo Bernari esordisce nel mondo delle lettere con il romanzo “Tre operai”, un’opera socialmente molto impegnata che viene considerata come un’anticipazione del neorealismo. Pubblica poi ancora tre romanzi: “Tre casi sospetti”; “Prologo alle tenebre” e “Speranzella”, ispirati tutti in un certo senso alla vita napoletana. Successivamente abbandona il mondo napoletano, ispirandosi a storie che hanno più vasto respiro ambientale. Si tratta di “Domani e poi Domani”, “Amore amaro” e “Le radiose giornate”.
Prima di pubblicare i suoi romanzi è stato giornalista e libraio antiquario. Dopo la guerra si è stabilito a Roma dove ha collaborato alla sceneggiatura di molti films. Il romanzo “Speranzella” gli è valso nel 1950 l’attribuzione del premio Viareggio. “Tre operai”, la prima opera di Bernari, è stata considerata il manifesto del realismo del secondo dopoguerra e all’epoca provocò un trauma dei circoli letterari tanto il linguaggio e i temi trattati erano in contrasto con la visione della vita propugnata dal fascismo. Napoli non è una città spensierata ma è afflitta da troppi problemi. Le storie di tre operai si intrecciano, unendoli e mettendoli contemporaneamente in contrasto tra di loro. Con “Prologo alle tenebre” Bernari presenta un’analisi storica di un periodo che va dal fascismo alla guerra e all’occupazione.
L’opera migliore dello scrittore napoletano è però “Speranzella”, che con le sue ricerche tra neri, borsa nera e prostituzione gli permette di raggiungere il più perfetto equilibrio narrativo. Il vicolo della Speranzella, posto alle spalle di Via Roma a Napoli, con i suoi bassi pieni di umanità e di miseria, è il vero protagonista del romanzo. N. Tanda ha scritto: «Lo svolgimento della narrativa di Bernari da Tre operai all’ultimo romanzo Domani e poi Domani, ha seguito una linea tracciata fin dall’inizio con una sicurezza che, per quanto fosse seria e meditata, era troppo giovanile per essere definitiva … Tre operai portava all’attenzione del pubblico la vita stentata di un proletariato che solo per precisi riferimenti storici e geografici si doveva intendere vagamente ambientato, ispirato com’era dalla lettura molto intensa dei più importanti romanzi europei e americani di allora».
In Tre operai Bernari ha sentito e ha voluto far sentire il dramma del dopoguerra, un clima di generale incertezza si avverte sempre e ovunque.
«Circola nel libro un’aria fosca che non si rischiara mai, neppure con l’amore e la solidarietà umana» Alla fine del 1955 Bernari portò a termine un viaggio in Cina e ne riportò il resoconto nel libro “Il gigante Cina”.

Luigi Pistone
Luigi Pistone
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