Duonnu Pantu, il prete che incorona i poeti

di Giuseppe Perri da Cosenza

Duonnu Pantu, al secolo Domenico Piro (1660 – 1696), era un sacerdote calabrese che nacque e visse ad Aprigliano, un paese del Cosentino posto ai piedi della Sila.
Poeta particolarmente noto per i suoi versi scurrili e per il continuo contrasto col suo vescovo, il napoletano Gennaro Sanfelice che in qualità di arcivescovo di Cosenza magistralmente ostacolò il potere della “Santa Inquisizione”.
Don Domenico Piro possedeva oltre a una grande cultura, una straordinaria vena poetica che però usava solo quando componeva in vernacolo perché riteneva che solo in questo modo si sentiva libero, usando un metodo, per così dire, boccaccesco, salace, erotico e scurrile.
Il prete tra il serio e il faceto, tra l’ironico e il sarcastico, affrontava le verità nella loro essenza, oggettività e realtà.
Si firmava Duonnu Pantu non perché volesse tener nascosta la sua identità ma perché manifestava la sua avversione verso la letteratura colta e autoritaria che si esprimeva in impantanate forme per esprimere un vecchiume di contenuti.
Il prelato dopo la celebrazione dei sacramenti, svolta con profonda fede e convinzione, giocava con gli “intellettuali” in generale, canzonandoli proprio usando quello che è l’archetipo della massima licenziosità: “la scurrilità in forgia dialettale”.
Sempre critico nei confronti della società contemporanea spaziava tra l’enigmatico e il seducente, usando ora espressioni intellettive e ora quelle emotive.
In tal modo molti suoi versi finirono per entrare nel lessico generale, espressioni di luogo comune, qualificando anche il modo di “dire e pensare comune”.
Tra i componimenti poetici più noti e corposi ricordiamo: La cazzeide, Fratemma, la cunneide ed altri ancora ma soprattutto è da ricordare quei pochi versi che dedicò a chi gli rimproverava che, pur essendo un validissimo poeta, mai avrebbe potuto cingersi della corona d’alloro che rappresentava il giusto riconoscimento al poeta e alle sue conoscenze artistico-culturali.
Il poeta è vicino allo scibile, invece don Domenico Piro è vicino alla negazione delle “diversità umane”.
Si riportano le strofe su citate con la premessa dell’”Absit iniuria verbo” e l’avvertimento che è vietato ai minorenni e dannoso per i permalosi, suscettibili e “scrittori speranzosi”.


“Pueta incurunatu de gramigna
dimmi: picchì cra-cra fa lu ranucchiu?
E spiegami lu misteru di sta minchia:
picchì prima si stenna e pu’ s’arrunchia?”

Purtroppo la lettura di questi versi ci riporta con la mente a certi aspiranti “scrittori” abbondantemente incensati, esageratamente osannati, e inutilmente considerati se pur hanno provato a cingersi con corone prepuziali per aver descritto “intimi” momenti di onanismo, di espletamenti corporali (casomai nell’angolo di una di ascensore) e voyerismo immaginario.

radionoff
radionoff
Articoli: 9886