A partire dal 7 ottobre, giorno degli attacchi di Hamas contro i civili israeliani, 158 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania, da militari o da coloni israeliani. La risposta del governo e dell’esercito israeliano agli attacchi del 7 ottobre si è concentrata sulla Striscia di Gaza e al confine con il Libano, ma anche in Cisgiordania sono aumentate in modo sensibile le operazioni militari. In un mese i palestinesi uccisi in Cisgiordania sono stati più di quelli dell’ultimo anno, che già era stato il peggiore degli ultimi venti.
La violenza era in aumento già prima dello scoppio della guerra con Hamas, ma da allora è cresciuta in modo ulteriore e consistente: i palestinesi sono per lo più stati uccisi da militari, ma un numero crescente di episodi di violenza è stato causato da civili armati, appartenenti ai gruppi più estremisti dei coloni israeliani. Dal 7 ottobre alcuni hanno cercato vendetta per gli attacchi ai civili di Hamas, altri hanno sfruttato semplicemente la situazione e una sostanziale indifferenza – e in alcuni casi un sostegno – da parte dell’esercito israeliano. Otto palestinesi fra cui un bambino sono stati uccisi dai coloni, autori di 200 diversi attacchi, secondo i dati dell’ONU: i feriti sarebbero alcune decine e oltre 150 le proprietà danneggiate o distrutte.
Yonatan Kanonich dello Yesh Din, un’organizzazione israeliana indipendente di sorveglianza sulle colonie israeliane in Cisgiordania, ha detto all’Economist: «Se prima i soldati non facevano nulla per proteggere i palestinesi dagli attacchi, ora si uniscono ai coloni nel compierli. Non è più nemmeno possibile distinguere fra militari e coloni: i civili ora vestono divise o abiti militari, e tutti sono armati, ormai sono la stessa cosa».