Da un po’ di tempo è invalsa la moda di scrivere di Storia raffazzonando notizie prese da varie fonti, in particolare dalla tanto famigerata rete del web, con dovizia apparente di dati, scelti alla rinfusa, in barba alla sana ricerca documentale svolta negli archivi e biblioteche che necessita di specifiche competenze e una solida formazione culturale, la sola in grado di orientare gli studi storici nell’esame delle fonti documentali più disparate, dai testi manoscritti a quelli a stampa e avvalorarne l’attendibilità attraverso analisi dettagliate e incrociate.
Il padre della storiografia italiana Benedetto Croce ci insegna che scoprire un documento non ha alcun rilievo storico se non si è in grado di saperlo leggere in modo contestuale. Dalla fine del Settecento a tutto l’Ottocento, tra le classi dell’aristocrazia e del mondo ecclesiastico agli inizi e poi tra l’emergente classe della borghesia laica è una consuetudine assai diffusa scrivere memorie di vario genere, definite impropriamente storiche, che spaziano in svariati campi dall’archeologia alle origini genealogiche di una casata nobiliare e poi borghese, a corrispondenze epistolari, fino allo studio di un territorio.
Cosa assai più complessa è vagliare in modo analitico le informazioni possibili, confrontarle con altre e stabilirne una certa validità storica in senso lato. La conoscenza della mitologia classica è fondamentale ma non è affatto sufficiente né idonea per dare consistenza storica a determinate, si fa per dire, scoperte sensazionali!