Politica: eccellenza e mediocrità

di Rocco Sabia

Quando la mediocrità esprime il suo potere tra arroganza e banalità intervengono i “grandi” a raddrizzar le cose.  “Il piccolo potente” è riconoscibile per i suoi modi e atteggiamenti arroganti e scostumati. Egli, quasi sempre, parla ad alta voce, non misura i toni perché si sente un tribuno (ovviamente della plebe) o addirittura crede che il suo spazio vitale sia un pulpito.

Il “grande” ubbidiente, invece, è ironico, sarcastico, accomodante e non presuntuoso, è arguto, fa di tutto per restare anonimo, o quasi, è consapevole di se stesso e delle sue capacità, insomma è un socratico.

Il mediocre invece è un narciso che si agita per cercare di “essere”, di contare qualcosa e pensa di compensare la scarsezza con la furbizia, non sapendo di portare le sue poche qualità all’ammasso cloachico dei suoi pari.

Il “grande” ha la capacità di dissacrare, beffeggiare, di mettere in evidenza la pochezza e l’inadeguatezza di colui che si definisce rappresentante del popolo e quindi “uomo di potere”.

In passato, in Roma, specie nel XIX secolo (e forse c’è ancora) si esprimeva il proprio pensiero o denuncia attraverso le cosiddette statue pensanti o pasquinate.

Ovviamente a rischio di subire violente rappresaglie da parte del regime. Lo faceva chiunque era dotato di “libero pensiero” e di un minimo di cultura. Questi scientemente attaccava il potere, lo dissacrava e lo dequalificava per come operava.

Uno dei più severi dissacratori del potere fu Carlo Alberto Salustri, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Trilussa che, dall’inizio del 1900 e per circa un cinquantennio, in qualità di giornalista e scrittore, descrisse sul giornale “la favola” della realtà socio-politica.

Il suo acume e la sua lungimiranza gli consentì di beffeggiare l’inerzia di Giolitti che stava immobile a osservare la nascita del fascismo, descrisse e mise alla gogna, nel secondo dopoguerra, gli artefici di corruzioni e corruttori, denunciò l’arroganza dei “potenti” al governo e soprattutto diede grandi lezioni di elegante e incisiva satira politica.

Il successo che Trilussa ottenne con i suoi componimenti non fu tanto per le molteplici collaborazioni giornalistiche ma soprattutto come fine dicitore della lettura dei suoi stessi scritti. Questo “grande” giornalista si guadagnò anche il rispetto da parte del regime fascista che lo esonerò, come pochi altri, dall’essere iscritto al PNF (Partito Nazionale Fascista).

Di Trilussa si possono leggere tutte le poesie e tutte sono sferzanti e dissacranti nei confronti del potere. A me viene da indicare la poesia-denunzia che egli dedica a Giordano Bruno dove è inciso nel tempo il concetto per il quale chi esce fuori dal “pensiero unico”, imposto dal potere, avrà la Giustizia e “er boja” sempre pronti a colpire.

Qui si seguito propongo la lettura della poesia “Er Somaro e il Leone”, molto descrittiva del nostro tempo.

Er Somaro e el Leone
(1° maggio 1915)
 
Un Somaro diceva: – Anticamente,
quanno nun c’era la democrazzia,
la classe nostra nun valeva gnente.
Mi’ nonno, infatti, per avé raggione
se coprì co’ la pelle d’un Leone
e fu trattato rispettosamente.
 

So’ cambiati li tempi, amico caro:

fece el Leone – ormai la pelle mia
nun serve più nemmeno da riparo.
Oggi, purtroppo, ho perso l’infruenza,
e ogni tanto so’ io che pe’ prudenza
me copro co’ la pelle de somaro!

radionoff
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