Niente male la fantasiosa capacità lessicale e linguistica del capo del governo nel bacchettare, si fa per dire, la seconda carica dello stato. Sorge spontanea la domanda: chi è il maestro e chi l’allievo? A onor del vero si assiste da qualche tempo a tali sgrammaticature istituzionali (sic) di cui la sua componente governativa si pasce, nelle continue scorribande verbali, quasi a voler dare un senso alla politica attraverso una coerenza istituzionale, e per usare le sue parole, non solo grammaticale ma sintattica, ahimè anomala, da far rigirare nella tomba il Sommo Poeta.
S’invoca il ritorno alla purezza dell’idioma italico, purgarlo (absit iniuria verbis) da barbarismi linguistici all’insegna delle tradizioni del Bel Paese e del suo territorio, sembra quasi, un invito a leggere l’opera di Catone il Censore sull’agricoltura o di Columella sull’arte del coltivare i campi e tutto nella fiduciosa attesa dei fondi monetari d’oltralpe, del resto facciamo parte dell’Unione Europea o no?
Siamo un paese di buontemponi, personaggi che sembrano affollare i tanti gironi infernali del poema dantesco, la nostra Capatrena invece di scomodare l’ortodossia grammaticale della lingua italiana, poteva citare a proposito il famoso verso della Commedia: Ed elli avea del cul fatto trombetta, e avrebbe così salvato capre e cavoli e…il Barbariccia istituzionale!