Nelle pseudo analisi sociologiche, che hanno come oggetto il “tessuto” lucano, spesso ci si imbatte in testi che sebbene offrano un’analisi critica dettagliata della situazione socio-economica della regione presentano diverse problematiche che li rendono in parte obsoleti e non del tutto aderenti alla complessità della realtà attuale. Come di sovente accade ci si sofferma sul concetto di “familismo amorale” di Banfield, utilizzandolo come chiave interpretativa dominante per spiegare l’arretratezza sociale ed economica della Basilicata. Tuttavia, questo approccio risulta datato e riduttivo. Banfield ha coniato questo termine negli anni ’50, in un contesto molto diverso dall’attuale. Oggi la società lucana è profondamente cambiata e continuare a inquadrare i problemi della regione attraverso questo unico paradigma rischia di semplificare eccessivamente le cause di fenomeni complessi come l’emigrazione, la disoccupazione e la crisi politica. I pochissimi testi “dati alle stampe” appaiono bloccati in una visione statica e pessimistica, in cui i problemi della Basilicata sono considerati inesorabili e immutabili. Non si dà adeguato riconoscimento ai cambiamenti positivi che stanno avvenendo nella regione, come l’aumento dell’istruzione superiore, l’apertura a nuove tecnologie e l’emergere di movimenti civici e culturali che stanno cercando, in qualche modo, di superare le dinamiche di clientelismo e immobilismo. Questo atteggiamento rischia di perpetuare una visione vittimistica e passiva, piuttosto che promuovere un’analisi più costruttiva e orientata al cambiamento. Alla fine si adotta un approccio fortemente ideologico, criticando il neoliberalismo in termini molto generali e attribuendogli la colpa di quasi tutti i problemi contemporanei. Questo tipo di analisi può risultare limitante perché non considera le sfumature e le complessità delle dinamiche economiche globali e locali. Inoltre non riconosce che il neoliberalismo, sebbene abbia avuto davvero effetti negativi, ha anche portato a benefici in termini di crescita economica e modernizzazione, che possono essere sfruttati per promuovere uno sviluppo più equilibrato. Inoltre, di sovente, si critica duramente le classi dirigenti lucane, accusandole di essere conservatrici e incapaci di innovare. Tuttavia questa critica appare generica e non supportata da una vera analisi delle dinamiche politiche e sociali che hanno portato a questa situazione. Non si propone alcuna soluzione concreta o alternativa praticabile per migliorare la situazione. La critica alle classi dirigenti, pur giustificata in molti aspetti perché colpevoli di non voler superare tale situazione di stallo che per certi versi appare “comoda” e strumentale a logiche di potere, necessita di un approfondimento che consideri anche i fattori strutturali che limitano le possibilità di cambiamento. In conclusione sebbene alcuni, anzi rarissimi, testi offrano spunti interessanti risultano datati e parziali. È necessario un aggiornamento dell’analisi che tenga conto delle trasformazioni avvenute negli ultimi decenni, superando una visione troppo rigida e ideologica. Un approccio più dinamico e aperto, che riconosca sia le sfide che le opportunità della Basilicata contemporanea, sarebbe più utile per comprendere le reali possibilità di sviluppo della regione e per formulare proposte concrete per il futuro. Sic et simpliciter.