In politica fu assertore dello stato federale nella forma repubblicana. Come filologo affermò che la lingua italiana non doveva essere quella toscana, ma quella risultante dalla parte comune dei tanti dialetti. Ebbe concezioni che divergevano da quelle romantiche ma sentì profondamente alcuni canoni del romanticismo. L’amore della verità e la sua ricerca, le predilezioni per i problemi e i fenomeni culturali e politici del suo tempo, sempre interpretati con rigore scientifico ed espressi con uno stile preciso e caldo nello stesso tempo, sobrio come quello dello scienziato ma con riguardo alla proprietà dei vocaboli e dei costrutti, propria del letterato, lo fanno considerare senza dubbio un romantico. Queste sue caratteristiche, questo suo rigore, questa sua impostazione scientifica dei problemi lo fanno sentire fuori da quel mondo di sentimenti patriottici che animarono gli scritti degli autori di questo periodo. È lontano dai loro schemi, da quell’atmosfera eroica e infervorata del primo Risorgimento, ma la sua opera non è meno importante.
Fu uno storico notevole per la concezione moderna che della storia ebbe, e la critica moderna in tale veste gli riconosce i pregi maggiori. Ricostruisce i tempi passati e anticipa quelli futuri come il Vico .
Ma il suo interesse è quello di ritrovare gli elementi del passato nella vita contemporanea, anche perché dal passato è possibile trovare una soluzione ai problemi presenti. Le sue svariate e profonde cognizioni tecniche gli servirono per accertare la realtà della storia, per ricercare ed esprimere, con la forza sintetica della sua mente, l’intima unità che lega ogni avvenimento, ogni tradizione, ogni civiltà verso un rinnovamento e un costante progresso del genere umano. È storico appunto perché vede la presenza del passato nel presente e perché dal passato è convinto debbano venire le soluzioni ai problemi presenti. Questo è il motivo ispiratore delle sue pagine storiche sulla Lombardia, sulla Cina, sull’Egitto, sull’India, sul Messico.
Egli vede la Lombardia in un periodo di progresso morale, economico, intellettuale. È per lui il preludio al grande momento della liberazione. Vede l’Europa in continuo fermento e i popoli dell’Oriente fermi e chiusi in se stessi. Non può fare a meno di dare un monito, di far presente il pericolo che può derivare da certe posizioni di comodo. Ma nello stesso momento precorre i tempi e vede i Paesi orientali immessi nell’orbita europea con una conseguente osmosi tra le due diverse civiltà, che si rinnoveranno non a danno di una di essa, ma con vantaggio di tutta la collettività umana. Così venivano superati gli schemi della filosofia della storia, che assegnavano a ogni popolo una determinata missione con esclusione di ogni altra e venivano riconosciuti del tutto errati quelli ancora più angusti, che escludevano, come extrastorici, alcuni popoli dal processo storico.