Tra le tante manifestazioni che affollano la calda stagione estiva nei borghi lucani si distinguono quelle che in maniera legittima stimolano in una comunità la conoscenza delle proprie origini e ne rinsaldano la memoria storica nella riscoperta di personalità illustri che hanno contribuito con il loro impegno professionale e culturale a lasciarne una qualche traccia.
Nei giorni scorsi a Barile, nella piazza del caratteristico paese della Lucania di origini greco-albanesi, è stato ricordato un cittadino illustre della comunità “Arbëreshë”: Giuseppe Saverio Piacentini, ingegnere nato nel 1847 e appartenente a una nobile famiglia del posto. Una ricerca storica a carattere biografico dell’ingegnere barilese è indubbiamente di grande utilità, occorre però considerare in particolar modo il contesto storico scientifico in cui inquadrare quella che viene definita impropriamente “la scoperta del goniometrografo” da parte dell’ingegnere Piacentini, partendo dall’opuscolo stampato dall’Editore Torquati a Rionero in Vulture nel 1887, in cui si descrive una possibile applicazione di questo strumento nella Celerimensura.
Questa tecnica topografica venne fondata dal Prof. Ignazio Porro intorno al 1823 per la determinazione dei punti necessari alla mappatura del terreno, calcolando speditamente e facilmente le coordinate rispetto ai tre assi ortogonali. Il Prof. Porro nel suo trattato pubblicato a Firenze nel 1862: “Applicazione della Celerimensura alla misura generale parcellaria e altimetrica dell’Italia. Creazione del Gran Libro Fondiario” ne fa un’esaustiva disamina sia dal punto di vista geometrico che da quello ottico. Le misure sia lineari sia angolari venivano riportate nel foglio posto sulla tavoletta pretoriana, operazioni grafiche che si susseguivano immutate da decenni ma pur sempre affette dal propagarsi dell’errore e dall’inquadramento congruente delle varie parti rilevate, una procedura che si rivelava sempre più inadeguata nel rilievo di grandi estensioni, come opere stradali, ferroviarie o idrauliche, così nel rilievo catastale su basi geometriche. L’originalità che caratterizzava l’opera di Porro a differenza di altri si basava nel saper amalgamare nel migliore dei modi quanto proveniva dalla disciplina geodetica e da quella topografica, una perfetta sinergia fra strumenti e metodi. Ideale simbiosi tra l’aspetto creativo (arte) e l’aspetto teorico (scienza). Il lavoro di Piacentini, per altro encomiabile, è uno dei vari e possibili metodi nelle applicazioni celerimetriche di un goniografo e niente più.
In ossequio ai moderni canoni storiografici della storia della scienza non si può parlare di scoperta vera e propria. Invece non si può non considerare fondamentale l’opera scientifica di Ignazio Porro che spazia dalla topografia, alla geodesia e alla strumentazione ottica. Nell’opuscolo dell’ingegnere Piacentini lo strumento è costituito dalla tavoletta pretoriana e da un goniometro con cannocchiale analitico (sic), forse è un refuso tipografico siamo tentati di credere, invece il termine esatto sarebbe anallàttico, un sistema ottico per migliorare la misurazione delle distanze e l’ingrandimento, che Porro ideò e realizzò già dal 1825 col cannocchiale stereogonico migliorandolo ulteriormente nell’ottica tra il 1850-1854 e che chiamò stenallattico. Il cannocchiale topografico sarà poi migliorato, reso compatto nel 1909 da Heinrich Wild, denominato a lunghezza costante e brevettato dalla Zeiss. È da sottolineare infine che Porro fu il fondatore a Milano nel 1865 della Filotecnica per la costruzione di strumenti ottici e di misura, specialmente per uso topografico e geodetico, una “scuola-officina” che poi occupò un posto di rilievo nella strumentazione ottica, dalle prestigiose Officine Galileo alla Salmoiraghi, con le scoperte innovative e le relative applicazioni. La storia della scienza ci permette di ricostruire il percorso che un’idea compie nel suo evolversi, contestualizzando fatti e metodi d’indagine, stabilire solo delle priorità sarebbe riduttivo, inutile e insignificante. La vera ricerca storica oltre ai documenti testuali deve verificarne l’attendibilità o quanto meno valutarne l’originalità dal confronto con autori di maggior spessore che hanno lasciato testimonianze nelle relative discipline. Si rischia altrimenti di cadere nel dilemma: scoprire un’invenzione o inventare una scoperta?