La torre di Babele, il pensiero unico, lo stato etico

di Bruno Brundisini

Genesi 11, 1 – 9 “Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura del paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro «Venite, facciamo mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero «Venite, costruiamo una città e una torre la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse  «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola. Questo è l’inizio della loro opera ed ora quanto avranno in progetti di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse da là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città”.

Il racconto genesiaco della Torre di Babele si è prestato a diverse interpretazioni. Nella esegesi cristiana ha avuto credito per molto tempo la tesi di un atto di superbia nella costruzione di un edificio che arrivasse al cielo, regno di Dio, e la conseguente punizione divina. Ciò in linea con tanti altri episodi biblici, da Adamo ed Eva a Giobbe, in cui l’uomo tenta di carpire la Verità custodita nel mistero inespugnabile della Creazione o ancora peggio di un atto di sfida a Dio.  Oggi questa tesi, pur mantenendo la sua validità, ha una collocazione secondaria rispetto ad altre. Il concetto verticale di una costruzione che volesse toccare il cielo è stato ridimensionato, anche perché “toccare il cielo” sta ad indicare nella lingua ebraica un edificio più alto degli altri senza nessuna pretesa di sfida e tanto meno di aggressione al regno di Dio. In realtà il significato del racconto va ricercato non tanto nella dimensione verticale di una torre, quanto più che altro in quella orizzontale di una città fortificata ed inespugnabile abitata da popoli appiattiti in una uniformità ideologica, che sottostanno a un potere dittatoriale e totalizzante.

Nella sua lettura il racconto della Torre di Babele va collocato nel contesto storico ne si vuole cogliere correttamente il significato metaforico e polemico. Si tratta dell’epoca in cui gli ebrei tornavano in Palestina dopo aver visto la civiltà Babilonese che, in continuità con quella Assira, aveva costruito un impero totalizzante, uniformando tutti i popoli sottomessi a un’unica cultura, ad un’unica lingua, quella dominante, e privandoli delle loro identità e diversità.  In tal senso quindi la critica degli autori si riferisce appunto al progetto della città, in cui la torre è la struttura del potere. Avere una sola bocca non si riferisce tanto al parlare una sola lingua, quanto a ubbidire tutti agli ordini dello stesso re e sottostare ad un unico forte potere centrale. Dio interviene impedendo questo progetto e confonde le lingue, cioè ristabilisce le diversità e la libertà dei popoli. Qui vi si legge chiaramente una critica a quello che oggi potremmo definire il pensiero unico e allo stato etico o teocratico. Pertanto il rispetto delle singole culture rappresenta per gli autori biblici un patrimonio dell’umanità. In tal senso sarà proprio il principio di unità nelle diversità a fare la fortuna dell’Impero Persiano e poi dell’Impero Romano.  Nel testo vi è comunque non solo la polemica politica, ma anche una sottile ironia verso l’arroganza del potere che contiene al suo interno una struttura fragile. Gli uomini, infatti, costruiscono una torre che per i materiali usati, mattoni e cemento, è poco solida e destinata a crollare a differenza degli edifici di allora resistenti perché fatti di pietra e bitume. In linea con il principio del rispetto delle diversità sarà poi il miracolo della Pentecoste, a cui si fa spesso riferimento, dove gli apostoli parlano la loro lingua che  ciascuno capisce nella propria. Tralascio l’interpretazione a mio avviso incomprensibile data da Recalcati e dalla psicanalisi lacaniana per cui i babelici, appunto perche aspiranti ad essere un unico popolo, sarebbero degli incestuosi.

Rimanendo in ambito religioso la lettura dell’episodio della Torre di Babele offre la sponda a una severa critica dell’atteggiamento della Chiesa Cattolica per la quale, a differenza di quella Protestante, l’interpretazione della Bibbia deve essere fatta in modo esclusivo dal Magistero Ecclesiastico, dal che il il considerare eretico tutto ciò che non è in linea.. In aggiunta ha un analogo significato di mancato rispetto delle diversità l’imposizione preconciliare della messa in unica lingua, che per secoli è stato il latino, lingua per molti incomprensibile e “morta”, quindi ferma nel tempo e non soggetta a evoluzione.

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