di asterisco
A voler essere sinceri, in una città capoluogo di regione sempre alla ricerca della propria identità, non potevano mancare delle strutture come le piste ciclabili in linea con la tanto attuale politica ambientale del nostro tempo.
Una città che ha fatto suo simbolo un ponte che finisce davanti a un muro non poteva smentirsi nel progettare piste ciclabili alla stessa stregua. Un serpentone, termine da noi alquanto eloquente, ciclabile che costeggia il Viale Gallitello la cui caratteristica di fondo è non tener nel giusto conto la sicurezza del povero e illuso ciclista a cui è richiesta una dose non indifferente di coraggio nel rischiare la propria incolumità, novello martire del mito ambientalista.
Altra gravissima lacuna non aver presenti le situazioni climatiche di estrema variabilità a cui va incontro una cittadina di montagna. Occorre dire che un conto è poter pedalare nella ormai desueta e abbandonata via Pretoria, tutt’altra faccenda è pedalare nelle bassure e saliscendi periferici del capoluogo o tra i miasmi odorosi lungo il Basento dove si progettano illusorie varianti di quel vivere green oggi di moda accompagnato a tratti da qualche scossetta elettrostatica assai salutare e forse stimolante.
La ghiotta occasione di progettare piste ciclabili, con l’aiuto dei fondi europei, sembra mirare a tutt’altri scopi e in particolare seguire il noto proverbio popolare: “Non far sapere al contadino quanto sia buono il formaggio con le pere”!