Un pellegrinaggio penitenziale tra le comunità vittime delle politiche coloniali d’assimilazione
Riflessione di don Francesco Corbo della parrocchia dei santi Anna e Gioacchino. È iniziata con un baciamano la visita di Papa Francesco in Canada. L’aereo del Pontefice è atterrato all’aeroporto di Edmonton, capoluogo della provincia occidentale dell’Alberta, prima tappa della sua visita nel Paese. Alla discesa dal velivolo, Francesco è accolto dalla governatrice generale Mary Simon e dal primo ministro Justin Trudeau. All’aeroporto Bergoglio è stato accolto dai membri di una tribù indigena e ha voluto salutare una donna baciandole la mano.
Dopo la “sei giorni” padre Federico Lombardi ha ripercorso le tappe salienti del 37esimo viaggio apostolico di Papa Francesco in Canada.
“Mi sembra che il viaggio abbia veramente raggiunto i suoi scopi, che sia stato impostato con grande coerenza e unitarietà. Il Papa si è recato nei luoghi di questo immenso Paese con la volontà di lavorare insieme ai popoli indigeni e con tutta la società canadese per contribuire a questa riconciliazione e costruire una realtà di armonia che possa guardare al futuro anche sulla base di rapporti nuovi, pienamente rispettosi della dignità e dei valori di ognuna delle componenti che è entrata a far parte della formazione di questo Paese. Il Papa ha saputo anche coinvolgere tutta la comunità della Chiesa canadese. Il Papa ha fatto un cammino del riconoscimento penitenziale delle colpe e che è sempre un punto di partenza per ogni incontro vero con gli altri e con Dio. E ha saputo portare questo cammino verso la speranza: non è rimasto chiuso nel riconoscimento del peccato ma ha fatto il suo passo verso l’impegno vissuto non solo volontaristicamente ma cristianamente, con grande fiducia nella potenza della risurrezione del Signore e dell’annuncio del Vangelo”.
“Il Papa ha saputo intessere i suoi discorsi con la memoria dell’evangelizzazione del Canada: pensiamo alla figura di San Francesco de Laval, che egli stesso aveva canonizzato in anni recenti, e a tutta la tradizione cristiana portata dai grandi missionari della prima epoca che si è concretizzata nella figura di Sant’Anna. Ha così toccato il cuore della religiosità tradizionale, popolare ma solidamente fondata nella Chiesa. Insomma, il cammino penitenziale, che si riferisce alla vicenda degli abusi o della mancanza di rispetto dei popoli autoctoni e alla vicenda dolorosissima delle scuole residenziali, si è intrecciato con un filo di speranza portato proprio dalla fede in Cristo, da un genuino annuncio del Vangelo. E questo è arrivato anche alla attualità della società canadese. Ci sono stati dei riferimenti molto espliciti alla tematica della secolarizzazione della società canadese che ha portato anche a un indebolimento su come fronteggiare positivamente e con fiducia il fenomeno. È stato fatto ricordando l’impegno di grandi autori canadese recenti: Taylor, uno dei massimi studiosi della secolarizzazione e grande cattolico, e Lonergan, uno dei maggiori teologi del secolo passato che ha riflettuto profondamente sul rapporto tra l’annuncio della fede e la cultura odierna. Per dire che il Canada ha, dunque, nella storia dell’evangelizzazione, sia dei riferimenti antichi che moderni i quali possono alimentare le risposte, ai problemi o alle sfide di oggi”.
“Il cammino del Papa, come quello della Chiesa e di tutti noi che cerchiamo di seguire questo esempio del Signore, deve essere sempre rilanciato, bisogna riconoscere con verità gli errori compiuti e cercare di guarire le ferite che continuano a riproporsi. A questo proposito, il tema del discorso al lago di Sant’Anna sulle acque che guariscono è stato molto toccante. Noi ci confrontiamo anche nella nostra storia con un male che risorge continuamente e su cui dobbiamo essere avvertiti per continuare a superare le sue conseguenze e manifestazioni. Io credo che il Papa ci abbia dato un messaggio di coraggio, fiducia e speranza ma anche che non dobbiamo ritenere di aver risolto definitivamente i problemi. Quando mai avremo costruito la pace nel mondo in modo definitivo? C’è sempre la tentazione della divisione, dell’odio, della guerra e dell’egoismo e questo noi dobbiamo contrastarlo continuamente. Così, il tema del rispetto del rispetto dell’altro, del non ritenersi superiori è qualcosa che ci deve sempre accompagnare. È qualcosa che la società canadese in questi anni sta vivendo molto. La vicenda delle scuole residenziali è un punto che tocca una revisione di coscienza sul rispetto della cultura diversa e di una forma di educazione che non deve essere di negazione ma, anzi, di apertura e sua valorizzazione”.